«È nato nel 2011 — chiarisce la fondatrice e presidente la dr.ssa Monica Salvi, sociologa — e ne fanno parte medici, magistrati, avvocati. Non ha nulla a che fare con i partiti. Vogliamo vigilare sulle azioni di governo ed enti pubblici per tutelare i diritti naturali dei cittadini e fornire degli strumenti per poterli far rispettare». Anche se nel testo non si parla mai di metodo Stamina, i diritti naturali lesi sarebbero quelli dei pazienti in cura a Brescia e dei malati che non hanno la libertà di scegliere i trattamenti con cellule staminali mesenchemiali. «Innanzitutto si chiede allo Stato di assumersi la responsabilità di rispondere della scelta fatta nel 2011, quando venne avallata la convenzione tra Stamina Foundation e Civile, tramite il nulla osta dato da Aifa. Anche all’Agenzia del farmaco si chiede di rispondere di quella stessa scelta e di quelle contrarie dei mesi successivi. C’è anche la corresponsabilità delle regioni che in autonomia dovrebbero sgravare il Civile».
Viene proposto anche di accelerare i processi di sperimentazione, di modificare alcuni articoli del Decreto Turco Fazio e della legge di conversione Balduzzi, di permettere ai malati che non hanno nessuna alternativa terapeutica sanitaria nazionale comprovata ed efficace di poter accedere alla metodica senza i vincoli burocrratici in vigore. Un testo che sembra presupporre la bontà del metodo Stamina, nonostante l’opinione negativa di gran parte della comunità scientifica. «È una battaglia per i diritti, non vogliamo entrare nella validità della metodica, anche perché non ne avremmo gli strumenti. Se è vero che non funziona, però, lo Stato ha permesso a tante persone di sperare, quindi ne deve rispondere». E Vannoni? «Non giudichiamo né le azioni né la persona. Il punto è la tutela dei diritti. Non vogliamo che questa vicenda diventi oggetto di battaglie partitiche o di interesse elettorale. La proposta di legge non sarà da ostacolo a comitati e associazioni nati attorno a questa vicenda, bensì uno strumento in più».
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