Perché spesso intere aziende, famiglie, coppie, comunità e gruppi anche partitici colano a picco nonostante si siano picchi anche violenti e continui di confronto e discussione? Come mai nel lavoro se non si è ascoltati non si rende? Perchè errare nella comunicazione mette in ginocchio una coppia? E’ importante l’ascolto per crescere e per stare bene? Alcuni dati oggettivi. L’ individuo occupa il 60% delle propria giornata a sentire. Ma quanto ad ascoltare?
Molti manager, molti leader, molti capo squadra e anche molti individui all’interno di coppie, famiglie comunità, come precedentemente ho scritto, credono che “concedendo” un certo lasso di spazio agli altri per potersi “sfogare” , in tal modo abbiano concesso loro il diritto di replica o di intervento.
Se fosse così… Ma come mai allora dopo questi interventi, le persone che si sono “sfogate” in realtà non si sentono affatto comprese? Perché c’è una grande differenza da sentire ed ascoltare. E tale differenza è sostanziale poiché chi sente non recepisce il messaggio, non lo comprende e non lo prende in considerazione. In sociologia si chiama ascolto passivo (sentire) ascolto attivo (partecipare ed accogliere).
Chi sente, od ascolta in modo passivo, si limita semplicemente a concedere del tempo senza accogliere ciò che viene detto. Un buon ascolto deve dotarsi delle seguenti dinamiche:
Sospendere i giudizi e la classificazione: cercando di non giudicare e catalogare a priori il proprio interlocutore in ’’categorie’’ di senso note e codificate; poi è difficile sradicare questa nostra convinzione.
Osservare ed ascoltare: raccogliendo tutte le informazioni necessarie sulla situazione , ricordando che il silenzio aiuta a capire e che il vero ascolto è sempre aperto, non è mai condizionato da quello che si crede che ‘altro possa dire.
Calarsi nei panni altrui – dimostrare empatia: cercando di assumere il punto di vista del proprio interlocutore e condividendo, per quello che è umanamente possibile, le sensazioni che manifesta.
Verificare la comprensione: sia a livello dei contenuti che delle emozioni che trasmette, riservandosi, dunque, la possibilità di fare domande aperte per agevolare l’esposizione altrui e migliorare la propria comprensione.
Curare la logistica: facendo attenzione al contesto dell’ambiente in cui si svolge la comunicazione per agevolare l’interlocutore e farlo sentire il più possibile a proprio agio.
La comunicazione può essere svolta attraverso il linguaggio, il gesto, che si può esprimere nella manipolazione, nello scritto, o attraverso le azioni. Ma è l’ascolto che ha il compito di elaborare tutte queste informazioni comunicative. La comunicazione è necessaria per apprendere elaborare e risolvere obiettivi, per lavorare, per relazionarsi. Senza di essa non si potrebbe vivere. Ecco che dove il meccanismo si rompe, il lavoro cola a picco e la relazione entra in crisi.
Ma come si rompe questo meccanismo? Prendiamo ad esempio un capo azienda che non ascolta i propri dipendenti. Quando essi vogliono esprimere un concetto, esso gli concede del tempo per farlo, ma non li scolta. Si limita a sentire ciò che hanno da dire per liquidare velocemente la questione. E averci concesso del tempo, li autorizza a sentirsi a posto con ciò che sono i loro doveri verso la concessione dello spazio alle idee altrui. Eppure poi capita che nonostante i dipendenti si siano presi dello spazio, non si sentano compresi e ciò porta ad evidenti disagi lavorativi che nel tempo si rifletteranno sullo stesso datore di lavoro. Capita infatti sovente che, nonostante venga concesso uno spazio, la persona che parla, non si senta alleata con chi ascolta. E questo prevede la nascita di una barriera emotiva frustante che pone in cattiva luce chi ha concesso tale spazio.
E succede che tale atteggiamento, implica la chiusura da parte di chi si sente incompreso, all’ascolto attivo e quindi il datore di lavoro, quando decide di fornire le sue personali soluzioni, che non hanno tenuto conto delle richieste altrui non capisce come mai esse, vengono recepite negativamente, rimanendo certi che siano i dipendenti ad essere ingrati.
Tutto ciò è la risultante di un errato uso del rapporto relazionale. L’atto di ascoltare infatti non prevede la sola concessione di uno spazio limitato da un tempo determinato all’altro; ma l’ascolto e l’alleanza verso chi parla. Allearsi significa comprendere e capire ciò che l’altro dice, riflettere, commentare, dimostrare insomma l’interesse anche se ciò che viene detto potrebbe non essere attuabile o condivisibile. La politica dei sindacati di fatto funziona perché prevede l’ascolto, l’alleanza e la comprensione. Anche se spesso un dipendente che si rivolge a loro non ottiene ciò che vorrebbe, si sente comunque protetto perché emotivamente coinvolto e rassicurato. La parte emotiva è così importante che anche se non si raggiungono gli obiettivi desiderati non ci si sente frustrati. Di contro accade che se si raggiungono gli obbiettivi mediante una tensione emotiva non si è in grado di essere soddisfatti. Ma che differenza c’è tra il sentire e l’ascoltare? Entrambe le cose si compiono funzionalmente con lo strumento uditivo, ma le emozioni che trasmettiamo durante l’atto del sentire unito ad uno specifico interesse e all’ego del super io, differenziano enormemente gli obiettivi finali condizionando non solo l’immagine che gli altri si fanno di noi, ma anche la relazione e l’obbiettivo finale. Quante coppie mi dicono “….Io parlo a mia moglie, mi sente, ma non mi capisce!”. In realtà il partner in questo caso sente ma non ascolta. Non si allea, non condivide. C’è infatti differenza tra l’essere sentiti od ascoltati e l’essere apprezzati per ciò che si comunica anche se non lo si condivide. L’ascolto prevede che qualcuno senta ciò che diciamo, lo elabori e poi lo giudichi giusto o sbagliato a seconda delle proprie dinamiche;L’apprezzamento prevede il rispetto di ciò che si dice anche se non collima con le nostre dinamiche perché ciò che è apprezzata è la persona che lo palesa avvertendola come persona positiva e propositiva. Questo gap prevede il condizionamento relazionale.
Le Ricette: l’ascolto attivo si basa sull’empatia e sull’accettazione. Esso si fonda sulla creazione di un rapporto positivo, caratterizzato da ’’un clima in cui una persona possa sentirsi empaticamente compresa’’ e, comunque, non giudicata. Quando si pratica l’ascolto attivo, è più opportuno rendersi disponibili anche a comprendere realmente ciò che l’altro sta dicendo, mettendo anche in luce possibili difficoltà di comprensione. In questo modo è possibile stabilire rapporti di riconoscimento, rispetto e apprendimento reciproco. Per diventare ’’attivo’’, l’ascolto deve essere aperto e disponibile non solo verso l’altro e quello che dice, ma anche verso se stessi, per ascoltare le proprie reazioni, per essere consapevoli dei limiti del proprio punto di vista e per accettare il non sapere e la difficoltà di non capire.
Allenarsi all’ascolto e alla consapevolezza esercizi:
- Prova a ripensare ad alcuni momenti passati della tua vita in cui sei riuscito ad esprimerti su argomenti “difficili”; quanto ti sei sentito veramente ascoltato; con chi eri? Quando o quanto invece hai “dovuto tener dentro” perché bloccato dal tuo interlocutore? Chi era? Da chi ti piacerebbe o ti sarebbe piaciuto essere ascoltato di più?
- Per alcuni minuti chiudi gli occhi e concentrati sui rumori che provengono dall’esterno sforzandoti di captare anche quelli meno percettibili.
- Prova ad ascoltare con impegno una conferenza per te poco interessante o gli interventi di una riunione noiosa.
- A fine giornata scrivi cosa hai ricordato non solo di quello che ti è stato comunicato ma anche delle emozioni che la persona ti ha trasmesso.
Se volete porre un quesito scrivete o mandate un video-messaggio
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