Girolamo da messina – Cara dottoressa, vorrei conoscere le sue opinioni sull’omertà e sulla mafia. Grazie
Caro Girolamo, con la tua domanda asciutta apri un mondo. Le mie opinioni in tal senso, non possono prescindere da un indagine più profonda, quindi, pazienta se la risposta è molto lunga. “E’ impossibile non parlare di STATO quando si parla di MAFIA”. Giovanni Falcone. Anni fa, da bambina, sentii parlare lungamente dell’omertà. Perchè ancora prima di capire cosa fosse la mafia, capii che difronte ad alcuni crimini di cui non potevo per la mia giovane età conoscere la matrice economico-politica, si ponevano i cittadini che sapevano, ma non dicevano. E mi chiedevo, quale sistema è così potente da poter chiudere la bocca in sua difesa. In quegli anni, gli anni ’70, in Lombardia e nel Veneto, terre che all’epoca non si poteva dire fossero bacini di infiltrazioni mafiose, furono quasi quotidiane le azioni criminose di stampo mafioso. Vi rammentate la mala del Brenta? Fu una delle organizzazioni mafiose che reiterava nel Veneto, emerse sui giornali. Ma come quella, in quegli anni, la criminalità di stampo mafioso, erroneamente addebitate solo alla terra d’origine la Sicilia, tesseva le sue fila sia nella Lombardia che il Piemonte che in Veneto. Avendo già compreso sin dagli anni ’60 che erano le terre dove il capitalismo era diffuso, il vero bacino di ricchezza per poter portare avanti in modo indisturbato ogni azione con il bene placido dello Stato. Perchè è più facile essere con lo Stato, che contro lo Stato.
Antropologia della mafia
Il primo mafioso pentito che parlò dell’organizzazione della mafia, nel ’73, fu Leonardo Vitale, considerato pazzo dai giudici nonostante fornì numerose testimonianze. Infatti, molti criminali che da lui furono accusati vennero prosciolti. Lui solo fu condannato. Condanna che appena cessata terminò con la sua stessa morte nell’84. Assassinato a colpi di pistola mentre tornava a casa dalla messa domenicale. Ma da dove partì l’origine della criminalità mafiosa? In senso molto generale la mafia è stato lo Strumento utilizzato dai criminali del Sud, per riprendersi con la forza dallo sfruttamento capitalistico del nord. Sebbene il sud, grazie ad azioni illecite (ad esempio le pensioni per i presunti invalidi civili, le ingentissime sovvenzioni per i terremotati, gli investimenti fasulli di quella che una volta si chiamava “Cassa per il Mezzogiorno”, per non parlare dei concorsi pubblici truccati, anche in ruoli di alta responsabilità, e via dicendo) sopravvive indebitamente attraverso i servizi che lo Stato mette a disposizione, il nord, negli anni subito dopo l’unità d’Italia, ha sfruttato indebitamente le terre del meridione. Esaminando la storia dal punto di vista economico ed analizzando il meccanismo di dipendenza coloniale che legò il Sud al Nord, è palese poter verificare che il Nord, dall’unità d’Italia ad oggi, si è servito del Mezzogiorno come un’area ove piazzare le proprie merci industriali, reperire forza-lavoro e materie prime a buon mercato. (Ved. le opere di Nicola Zitara, Francesco Tassone, Paolo Cinanni, Emilio Sereni, senza dimenticare i famosi “Quaderni calabresi”). Il Sud ha pagato in prima persona l’unificazione nazionale attraverso il sottosviluppo; con l’impossibilità pratica di uscire dall’arretratezza economica. Diventando in tal modo “colonia interna” per il Nord capitalistico. Il Sud, attraverso il brigantaggio e le lotte contadino che volevano far cessare la diffusione del latifondo, ha cercato di opporsi a questa logica di sfruttamento ed espropriazione. Ma con la violenta e repentina repressione cruenta di tale opposizione, non gli è rimasto altro che l’emigrazione. La mafia è quindi anche, una diretta conseguenza del fallimento di questi tentativi di sopravvivenza e di resistenza al colonialismo. Perchè sto portando all’attenzione tutto ciò? Perchè la forza della Mafia, nata per garantire un protezionismo alle regioni sfruttate, stava di fatto nell’omertà che i cittadini garantivano a favore della diffusione di tale sistema protezionistico che però in pochi anni è diventato necrotico verso i suoi stessi protettori. Sebbene la mafia ieri fosse nata come garanzia di un equilibrio economico, in pochi anni ha snaturato la sua azione diventando cannibalistica nei riguardi del suo stesso tessuto. Sfruttando l’imprenditoria meridionale, impedendo ogni sviluppo culturale, obbligando all’arretratezza economica, insegnando l’illegalità. Illegalità che in pochi anni si è sviluppata in ogni regione d’Italia. E ci sono ancora cittadini che ritengono che la mafia, sia un fenomeno meridionale. Proprio per ciò ho iniziato parlando della mafia del Brenta. Per far comprendere che già negli anni ’70, ossia 40 anni fa, la mafia gestiva già le regioni del nord.
Sociologia della mafia. Cosa è oggi
Oggi siamo di fatto in uno Stato di mafia. Coperto purtroppo dal delitto dell’omertà. E nella situazione attuale, non è possibile delegare l’eroismo di pochi coraggiosi, forze dell’ordine, giornalisti o qualche magistrato, nel voler denunciare per poi risolvere la situazione. Ma è necessario sradicare nella mente di ogni cittadino il concetto che la mafia di oggi protegge.
Di fronte a questa latitanza, coperta e stanziata dall’assoluta omertà, i cittadini devono reagire in modo autonomo e con lungimiranza, affrontando il problema in maniera radicale e globale. Non può infatti bastare una riforma elettorale che spezzi il gioco delle preferenze (la mafia saprebbe creare altri meccanismi, magari più occulti o più aggressivi). Né avrebbe senso sperare che la mafia s’impegni ad allestire strutture produttive, servizi sociali, attività economiche e commerciali a favore dei cittadini: perchè la mafia, per dittare, ha necessità dell’arretratezza e del sottosviluppo per sopravvivere e, comunque, anche se lo facesse, essa sola continuerebbe a trarne un beneficio. Un’organizzazione che dispone di un enorme potere politico, economico e militare non può aver paura, in maniera paralizzante, di alcuna riforma elettorale, di alcun controllo pubblico, di alcuna commissione d’inchiesta. Spetta quindi ai cittadini, come tutte le grandi battaglie sociali, combattere collettivamente contro la mafia, contro lo Stato che è mafia. Il nostro paese vive da anni una guerra civile, scatenata contro cittadini inermi, ivi inclusi minorenni d’ogni età. La lotta deve essere condotta per costruire una società più giusta, e a beneficio del cittadino. In questo senso i cittadini del Sud possono trovare in quelli del Nord, oppressi dal capitale, un valido alleato, mentre sul piano socio-culturale, una risposta adeguata alla criminalità organizzata dovrebbe essere data solo dal frutto di un comportamento quotidiano anti-criminale.
Il cittadino di oggi deve comprendere che l’atteggiamento “mafioso” , non è più legato ai tradizionali confini del costume meridionale fatto di protezioni, raccomandazioni, cooptazioni, minacce, ricatti e corruzioni di vario genere. E bisogna educarsi ad estendere il concetto di “mafia” ad ogni comportamento ove la legge e il buon senso vengano minacciati da comportamenti immorali e/o impolitici. Per combattere la “Mafia” è necessario anche coinvolgere attivamente la cittadinanza in un’operazione anti-crimine che deve comportare da parte delle istituzioni, la revisione globale del concetto di “reato”. La gente comune infatti non reagisce alla criminalità convinta che le istituzioni siano “colpevoli” tanto quanto la medesima. Le omertà, le reticenze, le complicità, le collusioni, ogni atteggiamento che favorisce un reato vanno viste in questa prospettiva. Un reato rifiutato per motivi morali, viene spesso accettato, dalla gente comune, per motivi politici, in quanto, mettendolo a confronto con quelli “legali” delle autorità pubbliche, esso può sempre trovare una qualche giustificazione o attenuante. Per poter coinvolgere l’intera cittadinanza nazionale occorre che l’alternativa sia sufficientemente chiara e visibile, a portata di mano e occorre che la “mafia” sia vista come oggi è. Uno strumento per il proprio unico tornaconto personale, contro il benessere dell’uomo.
La mafia, potrà essere vinta solo quando gli stessi meridionali, che hanno ancora caro nel cuore in concetto di protezionismo contro il capitalismo, comprenderanno ch’essa non costituisce affatto un’alternativa corretta allo Stato o alle azioni capitalistiche, ma che è diventata tale. Infiltrata ed oggi a capo, di strutture politico-istituzionali. Ancor oggi molti cittadini, sono convinti che esista uno Stato più o meno onesto, sottoposto alle pressioni della criminalità organizzata. In verità le ultime briciole di onestà lo Stato le ha perse con le stragi del terrorismo nero coperte dai servizi segreti, col delitto Moro voluto dalla Dc, con la strage-NATO di Ustica, con l’attentato della CIA al papa, con la scoperta della P2, con il crack dell’Ambrosiano, con la vicenda Gladio e il piano Solo e in molte altre occasioni. La differenziazione sostanziale tra mafia e Stato poteva forse esistere prima del narcotraffico. Ma oggi il potere del possesso e del contratto commerciale, hanno varcato ogni confine geografico, ogni riserva mentale corrompendo politici, magistratura, forze dell’ordine. Inquinando in maniera relativa od assoluta il tessuto di difesa ed offesa alle azioni criminali.
L’omertà del giornalismo e delle istituzioni
Quando si parla di omertà, si è subito rivolti a pensare che tale atteggiamento omissivo sia fatto dai cittadini che schiacciati dal senso di impotenza e timore, spesso anche volutamente decisi a proteggere gli atteggiamenti criminali, facciano come le 3 scimmie. Non vedo, non sento, non parlo. ma c’è un omertà che ritengo essere più grave rispetto a quella di alcuni cittadini. Un omertà che si avvale dei mezzi di comunicazione, delle posizioni istituzionali che diffondono in poco tempo e a tutta la popolazione strategie omissive o di giustificazione ad atti criminosi contro coloro che li vogliono fare emergere. L’omissione di molti giornalisti, si palesa con estrema facilità dinnanzi ai fatti perpetrati dalla criminalità organizzata. E quando non è possibile affossare tutto in un atteggiamento complice di silenzio, fingono di non sapere che il problema è gravissimo. E lo sottovalutano. Ciò che non emerge mai, dagli interventi dei media istituzionali è il rapporto di sfruttamento, di subalternità economica cittadina. Non si evidenziano mai le motivazioni omertose, non si evidenziano mai le collusioni istituzionali, se non da alcuni fatti sporadici che vengono subito affossati in un silenzio che definisco complice. L’azione dei giornalisti rimane sempre appositamente superficiale. Essi si limitano a fare emergere solo la parte omertosa legata alle terre rurali, all’ignoranza cittadina, ai crimini di strada, omettendo appositamente le infiltrazioni burocratiche e istituzionali. L’azione mediatica, continua a dare in pasto ai cittadini la visione della una mafia come se fosse un’attività criminale fra tante, portando i medesimi a credere che le Istituzioni e lo Stato lottino contro la criminalità. Ma se così fosse, non sarebbe già risolta? Se lo Stato così pregno di risorse avesse lottato realmente contro la Mafia, non saremmo già liberi?
La mafia e la magistratura
Con la morte dei magistrati Falcone e Borsellino si è conclusa la prima fase della lotta dello Stato contro la mafia: Quella in cui ancora si riteneva che la mafia fosse un “anti stato”. Invece le azioni dei magistrati posero in luce tutt’altra realtà. Che la mafia fosse lo Stato stesso. Falcone e Borsellino chiamati ad indagare contro la mafia, considerata come Anti stato, vennero uccisi perchè stavano dimostrando che la mafia è Stato. Travaglio che si è evidenziato nel loro percorso personale, quando nell’ultimo periodo della loro vita essi avevano maturato delle riserve alquanto critiche nei confronti degli organi statali. Ma la loro uccisione, contrariamente a quello che “i mandanti” potessero pensare, non ha affossato la verità. Lo Stato, evitando di proteggerli, ha fatto vedere a tutti gli Italiani chi comanda veramente in Italia. E qual chi non è relegato alla legalità. ed agli uomini che la incarnano. Il trend dominante di questo Stato con le sue azioni omissive e aggravanti, dimostra costantemente di essere favorevole alla mafia, a quella mafia che al Sud si chiama Cosa Nostra, Camorra, ‘Ndrangheta, Sacra Corona Unita, Anonima Sequestri, ecc., e che al Nord si chiama con un neologismo giornalistico “tangentopoli”. I magistrati non sono morti invano. Perchè il loro assassinio, ha invece dimostrato che l’atteggiamento mafioso (la corruzione, la concussione, la rendita parassitaria, il clientelismo ecc.) è dominante nel nostro Paese, soprattutto laddove esiste un potere politico ed economico da gestire e da spartire. Lo Stato, conservando tale atteggiamento criminale, lo ha legittimato. E la cronaca degli ultimi 10 anni di politica, non rinnega questo trend ma conferma altresì che molti politici vengono eletti coi voti della mafia; conferma che alcuni magistrati sono collusi con gli interessi mafiosi. E che l’omertà non è cittadina ma istituzionale e mediatica.
Le mie conclusioni
Ciò che è ritengo essere più grave, ancor più grave delle azioni delittuose, compreso quelle legislative oggi in atto di stampo mafioso o criminale, che sebbene siano partite da una rivincita contro il colonialismo capitalistico del Nord, ora sono utilizzate contro l’interesse di ogni cittadino, è l’omertà. E’ il silenzio assenso nato come forma protezionistica a favore di chi proteggeva i propri cittadini, con regole che non erano di origine Statale, che ha nutrito, coperto, giustificato e permesso in questi anni il diffondersi e l’agire con metodi che oramai hanno perso totalmente il concetto di Protezione della comunità, ma che sono diventati esclusivamente tensione al potere e al possesso nel senso più bieco del termine. E sono diventati il concetto dello Stato. Non esistono più regioni mafiose, ma stati mafiosi. Non esistono codici d’onore mafiosi, ma il crimine è usato come arma contro il cittadino e contro coloro che tendono a volere ristabilire il concetto di legalità. E di certo, l’ultimo emendamento 416-ter/legge contro scambio politico-mafioso passato con parere favorevole del governo, che dovrebbe interrompere e punire le articolazioni gli accordi politico-mafiosi, distruggerà di fatto tutto il lavoro anti-mafia fin ora portato avanti. Tale emendamento che SGRAVA attitudini e strumentalizzazioni, è il sintomo evidente di quanto la mafia e la criminalità organizzata oramai si giochi tanto quanto nei comuni, nelle provincie, e nelle regioni quanto tra le aule di Montecitorio. Ora la Mafia ha appaltato l’ intero sistema Statale. E certamente non a favore dell’imprenditoria cittadina, del benessere dell’ uomo.
Nata probabilmente dal fine del rispetto verso le proprie condizioni di italiani, oggi le azioni criminose, che non sono più atti carbonari segreti, sono svolte alla luce del giorno e legittimate per motivi abbietti. Che nulla hanno a che fare con il riscatto sociale. Allora diciamocelo. Diciamocelo che non esiste più una mafia ed un anti mafia. Diciamocelo che non esistono più le regole costituzionali, le regole civiche, diciamocelo che le leggi non debbono più essere rispettate. Perchè se si legittima il crimine, come strumento per poter fare politica contro i cittadini italiani, allora si deve legittimare l’operaio che ruba per mangiare. L’imprenditore che non paga le tasse e lavora in nero. E si debbono eliminare tutte le regole e tutte le strutture che obbligano ogni cittadino ad avere un comportamento che dev’ essere svolto unicamente per il favore della comunità. Oggi, la mafia è diventata un pericolo sociale. Per tutti Sud compreso. Perchè ha perso la sua originale valenza di protezione verso i suoi cittadini. Oggi la mafia e soprattutto le posizioni mafiose non sono più a favore della comunità. Come non lo è la politica, come non lo sono le istituzioni. Non si può essere omertosi a favore di chi, non ci sta proteggendo, non sta creando sviluppo, benessere e qualità di vita. La mafia ha perso. Ha perso la sua originale integrità ed è diventata come quel capitalismo coloniale che per anni ha cercato di distruggere. Ancora certi di voler giustificare, coprire e di fidarvi di un sistema che è diventato ciò che in sua origine voleva combattere? Concludo quest’analisi sociale finendo con la frase con la quale ho iniziato. Frase che oggi ha nel sale delle ferite una prevedibile quanto veritiera verità: “E’ impossibile non parlare di STATO quando si parla di MAFIA”. Giovanni Falcone
Dr.ssa Salvi
Se volete porre un quesito scrivete o mandate un video-messaggio
[contact-form-7 id=”5″ title=”Posta del cuore”]
Lascia un commento