“La storia è un ciclo che si ripete”, nota frase fatta e pur sempre vera, vi sono certo dei cambiamenti dovuti alle nuove tecnologie, ma la sostanza è pressoché immutabile.”La storia si ripete ciclicamente a cicli sempre più brevi!” L’esperienza del passato ci permette di avere risposta più veloce e i tempi si accorciano …ma la risposta è sempre la stessa ed è questo che fa della storia un ciclo costante, l’esperienza non viene valutata come apprendimento per non ricommettere gli stessi errori, ma per rivalutarli e ricommetterli secondo le nuove circostanze. Il passato insegna, ma se rimaniamo attaccati a esso non vi potrà essere nessuna sorta di cambiamento.”..Se tutta la ricchezza è frutto del lavoro, perché essa non appartiene ai lavoratori?..””La Spagna sta per fallire? …noi lo siamo già da un pezzo, ma vogliono farci credere che ancora ci possiamo salvare, per continuare a toglierci le libertà e i diritti acquisiti in anni di lotta, dai nostri nonni, padri e noi stessi.E poi cosa vuole dire fallire, cosa intendono dire fallita?di Boro Bannato
Già,
domande lecite, argomenti pertinenti, provocazioni sottile ma ben strutturate. Ed è così che siamo noi italiani. Un popolo dignitoso e maestosamente dentro la notizia anche se spesso ci si perde dietro al un quid. E questo vola contro corrente rispetto alle tremende statistiche che ci vedono agli ultimi posti nell’interesse sociale. Perchè spesso si da colpa del crack culturale all’ignoranza dilagante di molte persone che vengono definite egoiste, opportuniste, troniste e superficiali che preferiscono vedere la “prova del cloro” e che misura ha il “ph” della propria pelle che interessarsi alla vera temperatura della polis europea. Domani è la festa di Santa Brigida. Il nostro papa buono l’aveva canonizzata come patrona d’Europa e sono certa che rivolgersi a lei non come entità astratta ma come riverente credo italiano sia auspicabile per tutti, anche perchè se i nostri governanti non cambiano comportamento non ci resta che la preghiera.
La repubblica giorni fa ha pubblicato un articolo in cui la giornalista Luciana Scia scriveva che : “….Perché da noi è così difficile rispettare le regole? Potrà sorprendere, ma la questione non è estranea alla psicoanalisi, perché questo fuggi fuggi generale da ogni responsabilità, nel privato e nel pubblico, dipende anche da una serie di processi mentali consci e soprattutto inconsci, normali e soprattutto perversi. È di questo che tratterà il congresso della Società psicoanalitica italiana, intitolato “Realtà psichica e regole sociali”, in programma da domani a domenica alla Sapienza di Roma. Ne parla Stefano Bolognini, alla guida della Società da tre anni e primo presidente italiano dell’ Ipa, l’ International Psychoanalytical Association, che riunisce i freudiani di tutto il mondo: «Per la prima volta affrontiamo in modo esplicito il rapporto tra l’ interno e l’ esterno, tra la vita più intima e scabrosa degli individui e l’ osservanza o il rifiuto delle condotte richieste da ogni comunità. Di irrituale non c’ è solo il tema del congresso, perché gli interventi in programma saranno brevi e puntiamo invece su un dialogo improvvisato tra noi analisti e i personaggi del mondo del lavoro e della cultura, nostri ospiti: da Susanna Camusso a Alessandro Profumo, da Silvana Borutti a Valerio Magrelli… Non mi piaceva l’ idea della solita passerella in cui ognuno canta la sua canzone, saluta e se ne va». Pensa che “i feticisti di Freud” saranno entusiasti di tanta spregiudicatezza? «Non si tratta di essere spregiudicati, ma dell’ esigenza di una discussione libera da steccati scolastici sulle ragioni che stanno sgretolando il senso profondo dell’ identità e la nozione di bene comune. Da più parti si avverte il bisogno di sfondare il lessico sociologico e della filosofia politica aprendolo anche al contributo del linguaggio psicoanalitico. E comunque sin dall’ inizio è stato proprio Freud a tenere in gran conto la realtà collettiva: pensi a Il disagio della civiltà, a quell’ analisi del prezzo che si pagava in termini di repressione degli istinti a favore della convivenza sociale. Un secolo fa le regole erano molto rigide e il lavoro degli analisti tendeva a liberare gli individui da imperativi interni troppo opprimenti, da un Super-Io castrante». Oggi la situazione si è ribaltata? «Oggi c’ è una patologia diffusa della perdita di ogni limite, tanto che qualcuno dovrebbe esseri umani hanno bisogno di contenitori psichici e sociali dentro cui far vivere il rapporto con se stessi e con gli altri. E invece tutto sembra scricchiolare, non abbiamo più appigli solidi, rischiamo di diventare bambini capricciosi senza genitori consistenti in famiglia e senza “equivalenti genitoriali” nelle istituzioni e nelle comunità sociali. Eccezioni ce ne sono, ma evidentemente non bastano, e al congresso è di questo che parleremo: delle ragioni profonde che rendono intollerabili le incertezze del mutamento, della rarefazione dei contatti reali, dell’ assenza fisica che caratterizza il nostro universo relazionale». L’ opacità, se non lo spegnimento delle coscienze, si lega a una specie di infantilizzazione del vivere comune? «Una volta il “fuori” si rifletteva moltissimo sul “dentro”, mentre oggi ci illudiamo di poter adeguare l’ ordine esterno ai nostri desideri onnipotenti. In questo clima psichico, che definirei di individualismo asociale, gli scrivere “Il disagio dell’ inciviltà”. Non è solo una battuta, visto che ormai il lavoro analitico è soprattutto rivolto a ricostituire dei confini, un senso minimo della realtà, a ridurre questa ondata di narcisismo sempre più asociale». Saremmo tutti vittime di un desolante smarrimento dei “garanti metapsichici e meta sociali”. A cosa allude quest’ espressione di René Kaes tanto in voga tra voi analisti? «Dal nostro punto di vista, gli Altri così poco tollerati eppure decisivi per la nostra vita determinano un sentimento di frustrazione, con una inevitabile tendenza depressiva». Secondo lei, che sta succedendo di fronte a un avvenimento traumatico come la crisi? «Che la rabbia esplode anche contro di sé. L’ ondata di suicidi e le tensioni diffuse hanno ragioni senz’ altro complesse, ma si possono “leggere” anche così, come l’ inaccettabilità di riconoscere SUL “VENERDÌ” Sul “Venerdì” in edicola domani con Repubblica un servizio di Novelli su lettere e testi inediti di Natalia Ginzburg al marito e a Cesare Pavese quello che sièe soprattutto quella che in ogni caso è la condizione umana: sempre terribilmente fragile, incerta, dipendente… Se fino a qualche tempo fa si poteva dire spavaldamente “Sono fatto così”, anche con la pretesa dell’ accettazione del superamento di ogni limite etico, oggi la situazione è molto cambiata e ci si chiede “Chi sono io, visto che non so bene cosa sono e soprattutto cosa sarò domani?”. La nostra è un’ epoca di perturbazioni rapide dello status economico e sociale e questo implica un’ insicurezza di fondo, una dolorosa indefinitezza, un sentimento di colpa e di vergogna che può anche diventare auto aggressivo». È il burlesque di questi anni che ha irriso le regole, cancellando parole come merito, trasparenza, onestà.E anche oggiè diffusa la percezione che ogni potere venga esercitato in modo arbitrario, a favore di alcuni e a danno di altri. Come ristabilire un sentimento di fiducia e di coesione sociale? «Sono indispensabili modelli di riferimento basati su convinzioni etiche, sul rigore del lavoro, sulla sobrietà dei comportamenti. Non vedo in che altro modo si possa rispondere ai bisogni emotivi di una collettività disincantata e costretta ad affrontare difficoltà e disillusioni a volte atroci. Nello stesso tempo non è però solo l’ efficienza che andrebbe così tanto esaltata». Cosa vuole dire? «Voglio dire che il termine “regola” etimologicamente ha un’ origine autoritaria. Ma non è la necessità di una seria struttura organizzativa a confliggere con i principi democratici, piuttosto è l’ eccesso nella valorizzazione della “effectiveness”, della prestazione efficace, è l’ enfasi sull’ autoaffermazione che tende a distruggere la creatività degli altri. Il rispetto delle regole non dovrebbe ingabbiare o mortificare la capacità inventiva. In termini analitici, a entrare in gioco sono sentimenti poco riconosciuti come l’ invidia e la gelosia, che riguardano tutti. Ma qui la partita con l’ inconscio risulta spesso perdente, perché è davvero molto difficile – anche per noi analisti – convertire l’ invidia in ammirazione e la gelosia in tolleranza»…..
Scusate ma un buuu è doveroso. Perchè un buon educatore, un buon medico, analista, professionista insomma chi dovrebbe allearsi con colui a cui insegna, non getta mai la spugna e soprattutto perchè un buon educatore se il bambino non impara si chiede cosa lui ha sbagliato e dove. Non da la colpa al bambino!
Henry A. Giroux parlando del popolo americano e paragonandolo all’italiano scrive che il deficit del sistema scolastico, insieme al calo dei livelli di alfabetizzazione civile, è parte del rifiuto collettivo del popolo americano di conoscere. Una resistenza, concentrata su quella parte della società che si occupa del sapere, la quale sfida il buon senso, oppure a riflettere sui fatti e le verità che sono inquietanti, riguardo al il modo in cui disturbano una delle nostre credenze predilette;….. Altro BUUU.
Quanti psicologhi, giornalisti e sociologi indicano come noi populis la causa del nostro male? Lo stesso Benito Mussolini disse che governare gli italiani era inutile. Pur ammettendo che ci sono molte “crape pelate” che si fanno prima a scottare a vapore, che a inculcare sale in zucca, la rete indica l’opposto. Personalmente ho conosciuto e conosco gente di valore tra i mazzi di carte che spesso si mescolano per giocare alla scala reale della vita. W allora tutti i Boro Bannato. Perchè sono loro la nostra speranza ed è a loro che bisogna parlare. Noi Italiani non abbiamo bisogno di facce pulite, indirizzi in vista, titoli accademici con lustrini, sorrisetti di circostanza o contratti firmati con gli italiani. Abbiamo bisogno di AUTENTICITA’ e contrariamente a ciò che si pensa è più visibile dietro un avatar anonimo che un auto blu o dietro una scrivania a scivere di noi senza conoscerci nemmeno per un pò. E un consiglio dalla coach: “…se un messaggio non passa non date la colpa agli altri che non lo hanno saputo ascoltare domandatevi se siete stati voi in grado di farlo passare..”.
Se volete porre un quesito scrivete o mandate un video-messaggio
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BETTY dice
STUPENDO …mi auguro che questi congressi e le vostre ricerche possa cambiare la società .Quanto e vero che non si può pichiare un bambino si deve punire il genitore . Nel ambito politico si devono punire chi sono stati pagati per fare un buon lavoro invece ha portato alla rovina del paese . Bellissimo questo articolo anche se al interno troviamo delle verità dolorose .