Ah povero mondo, povere emozioni umane. Chissà cosa direbbero i classici Greci, gli illuministi avanguardisti, Martin Luter King, i santi, i poeti, i creativi emozionali. I maya, gli Etruschi. Chissà cosa direbbero coloro che hanno speso se stessi e tutta la vita nel cercare di diffondere la pace. Una volta si pensava che la guerra fosse la peggiore nemica. Ma ora, ora il nemico sono le nostre emozioni. Il piacere del trasgredire, dell’esibirsi, del voler entrare dentro la vita delle altre persone smembrandola, si insinuano silenti, biechi strisciando dentro la nostra anima. E si, sono stati in grado di scollocare i nostri valori. Dove sono le virtù? La saggezza, la temperanza, l’umiltà, l’astuzia? Si sono trasformate in arroganza, pregiudizio, rabbia, furbizia. Ah… Oggi non siamo più capaci di stupirci, di emozionarci per il bello, per la luce che spende, l’aria frizzante, un bambino che ride, un compito o un lavoro ben fatto dall’altro, o di soffrire e essere solidali con il prossimo. Siamo così tesi, frettolosamente infagottati nel voler arrivare, da non coltivare più l’amore proprio, per noi stessi che ci imbottiamo di spazzatura mediatica; o per il nostro partner che ostacoliamo, per i nostri figli che abbandoniamo; o per la nostra civiltà che non rispettiamo e questo ci porta a diventare persone sterili e frustrate che hanno imparato a godere solo diventando spettatori e a volte carnefici della sofferenza altrui. Godiamo oramai solo nel vedere il male e la sofferenza degli altri. Le parafilie sono così lontane da noi? La volontà di prevaricazione e di dominio? Assolutamente no. Sono socilamente indissolubilmente legate a questa società e sono la causa prima delle violenze, degli abusi, del gusto del pettegolezzo. Si siamo diventati una civiltà sadica. Alimentata dal dolore dalla sofferenza altrui. E i media non fanno altro che opinare e scandagliare questo dolore. Non c’è più rispetto, nè dignità umana, nè libertà di piangere di lasciarsi andare. Non ci si aspetta più da nessuno pacche sulle spalle, sorrisi, aiuti, ma si ha la misera consapevolezza che se qualcosa ci va storto, è meglio non condividerlo, nemmeno con il vicino o il migliore amico perchè verremmo demoliti. Il motto di questa società sadica è diventato mort sua vita mea. Siamo ritornati al Medioevo dove la morte, il godere in piazza vedendo la tortura delle sofferenze atroci altrui erano di casa. Dove i volti dei bambini erano intrisi di tristezza incerti sul futuro. Gli storici letterati lo chiamano l’oscurantismo culturale. L’epoca di vergogna di scandali, di abominio. Se Dio avesse voluto distruggere l’uomo avrebbe potuto farlo allora. E noi, si doveva pensare, che avremmo dovuto imparare da quel terrificante periodo, alto o basso che sia. Ma no. C’è di peggio. Mia nonna mi diceva sempre : ” quando tocchi il fondo non puoi altro che risalire“…. Ma spesso nella mia vita durante le difficoltà che ho incontrato, mi sono chiesta quanti fondi ci sono. E ora ho cambiato la massima: ” “Quando tocchi il fondo c’è di peggio, puoi iniziare a scavare”. Questo è il tempo dell’oscurantismo sociale. No. Non è la guerra che deva fare paura, l’atomica, le malattie, gli extracomunitari, i mussulmani, la droga, i terremoti ,nè la profezia del 2012. Ma siamo noi stesi, le nostre emozioni e la nostra natura che ci devono spaventare. Si. Dobbiamo imparare a spaventarci davanti alla leggerezza con la quale giudichiamo, condanniamo, colpevolizzaimo e godiamo del male altrui. Siamo tutti tesi verso un fine, un obiettivo. Ma se ci dovessimo fermare un attimo chiedendoci a cosa e soprattutto come raggiungerlo cosa rispondereste?Talbula rasa. A volte si riesce a rispondere al cosa, ma la come? Io ho sempre pensato sia fondamentale non tanto raggiungere un determinato obiettivo ma il come raggiungerlo. Ci si può sposare perchè innamorati come ci si può sposare perchè si incastra un uomo attraverso una gravidanza. L’obiettivo è lo stesso , ma la modalità, è quella che condiziona tutta la vita, la vita di lei, di lui de degli altri. Si può giudicare la colpevolezza di una persona implicata nel crimine e condannarla attraverso una sentenza studiata grazie a prove inconfutabili, oppure si può condannare attraverso l’azione preventiva dei media, che addirittura può arrivare a condizionare il lavoro investigativo.
Allora mi chiedo cosa è importante per noi uomini? L’obiettivo finale o il come raggiungerlo? Riflettiamo tutti. L’obiettivo si può raggiungere in moltissimi modi, ma è il come che ne condiziona la vita sia la nostra sia di chi è coinvolto. Vogliamo essere persone onorevoli o indegne? Insegnare o coercizzare? Ascoltare o ignorare ? Guidare o obbligare? Potenziare o castrare? E ciò non è determinato dall’obiettivo raggiunto ,ma dal come. Allora chiediamoci cosa vogliamo. Chiediamoci se siamo disposti tutti quanti a fare un passo indietro a imparare ad ammirare il lavoro e i talenti altrui, a sorridere davanti ad un bambino, ad apprezzare il sole, a sorridere in famiglia, ad allearci verso un fine unico condividendo in modo sano le nostre emozioni. Chiediamoci se quello che davvero vogliamo è stare bene con noi stessi e gli altri, o volere arrivare a godere del piacere immediato del dolore senza scrupoli. Chiediamoci se ciò che ci fa sentire vivi è sapere che qualcuno sta male, agire scorrettamente, vedere soffrire, godere della sofferenza altrui, criticare, contestare, urlare attraverso azioni pesanti e ingombre, o se preferiamo comprendere ossia mettere l’altro prima di noi avanti a noi.
Ma una speranza c’è. Sono loro, i giovani, loro che ancora, pare, non siano poi così contaminati da tutta questa infangante melma umorale. Ho scritto pare, perchè anche loro, mossi dagli esempi che molti di noi forniscono, compresa me che a volte mossa dal fare troppo dimentico di fare per chi mi sta vicino, sbagliano via. E spesso sempre più lasciati soli si devono inventare, creare e a volte perdere. E si fanno contaminare da quello che c’è. Quando ero piccola i racconti di Andersen, Remì, Candy Candy, Minni e Topolino, primeggiavano nella mia lista dei preferiti. Racconti dignitosi e ricchi di morale umana, nonché di sofferenza e difficoltà del vivere, e di valori. Oggi invece i giovani vengono bombardati da film vampiristici, criminali, che premiano il successo, la droga, la sfacciataggine perchè trasgredire è diventata adrenalina, è diventato un allontanarsi da una realtà piatta e grigia ,ma soprattutto sola e senza guida, senza ascolto. Ma non dimentichiamo che chi produce quei film, siamo noi adulti. Noi sempre, noi decidiamo cosa i giovani apprezzano. E se ieri decidevamo che erano i documentari, oppure film storici come Fame, che premiava il lavoro la disciplina e il sacrificio del fare fatica per arrivare, e se non si arrivava pazienza si imparava a accontentarsi di essere, oggi invece premiamo l’anti fatica del successo, il gusto del trasgredire del crimine, fornendo serial e film violenti, a sfondo voyeuristico, talent show che premiano il non sapere fare nulla e il grottesco. Eppure qualcuno fa la differenza. Come Glee ad esempio! Che premia la diversità. E tutti coloro che hanno cercato di portare un valore aggiunto anche nel loro lavoro da magistrati, a professionisti sono stati ostacolati e smembrati dai media. Com’ è emerso durante il convegno di Latina a cui ho assistito. Ma i più duri sopravvivono e riescono nonostante tutto a fare emergere la cultura sociale opponendosi a questi poteri anche se per i cittadini sono diventata spazzatura da deridere. Quindi, non dite cari adulti, che sono i giovani a volere quello che gli propinate. Non pensateci nemmeno. Loro sono spinti ad assorbire ciò che noi decidiamo di programmare.Ecco perché con i miei format tv e lo stesso magazine ho deciso di premiare il sociale e la verità dei fatti nuda e cruda senza pregiudizio alcuno o senza nessuna contaminazione pilotata. Quindi magistrati, politici, giornalisti, produttori, editori, professionisti voi che siete il vero potere decisionale ricordatevi cosa significava essere bambini e spaventatevi davanti a coloro che vivono oramai da soli. Tra se stessi e la tv. Immaginandovi che, se noi siamo cos’ cattivi e aridi, come diventeranno da grandi?
Se volete porre un quesito scrivete o mandate un video-messaggio
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letizia dice
Allearci verso un fine unico condividendo in modo sano le nostre emozioni… penso che in una frase hai racchiuso quello che io intendo per la parola amore… che ormai siamo nati per realizzare un fine comune è evidente a livello globale; l’ambiguità di fondo di teorie efferrate come il c.d. pensiero unico (che i no global hanno e continuato a contestare) ed altri pensieri elitari che sconfinano nelle c.d. pseudo sette sta nel fatto che tale fine non può essere raggiunto utilizzando la scorciatoia del morte tua vita mia…
Alessandro dice
sono daccordo su tutto, sopratutto sul fatto che i nemici veri quelli che rischiano di fare i danni maggiori, siamo noi stessi.
Non è tanto il “benessere” (almeno in modo diretto) ad avere provocato tutto ciò, quindi mio nonno non aveva ragione, quando diceva che, ogni tanto agli umani servirebbe un po’ di fame per capire bene se stessi. La fame, se arrivasse ora, peggiorerebbe tutto.
Secondo me la responsabilità maggiore di questa situazione va cercata nel cambiamento di costume globale che ci ha distolti dalla vita collettiva urbana per relegarci nelle nostre quattro mura domestiche iperaccoglienti e dotate di tutti i comfort.
E’ il nostro modello di sviluppo urbano che ha tentato, in buonafede, di perseguire ciò per secoli.
Dapprima con scarsa efficienza data l’enorme dipendenza dall’esterno, ma ora con le tecnologie installate in ogni appartamento, esso ha “sfondato”, e siamo diventati una società di veri individualisti (ossimoro).
Abbiamo sviluppato, negli ultimi decenni, una vera e propria nuova filosofia di vita che contempla l’isolazionismo come valore fondamentale e che spesso e suffragata ed alimentata da una vera e propria “paura” dell’esterno e degli estranei.
Di conseguenza abbiamo finito per rinchiuderci in casa soli col nostro peggior nemico, il nostro ego.
Il punto tragico, assolutamente tragico, è che tale deriva “isolazionisita” è ancora considerata un valore culturale positivo e desiderabile! Purtroppo non tutti la pensano come Elisa e moltissimi non riescono nemmeno a comprendere l’esistenza di un problema.
Forse ogni tanto dovremmo davvero osservare come si comportano i bambini, e imparare da loro la socialità, invece che insegnargli a vivere da solitari!