La terapia conservativa TCO, in tutte le sue forme (riabilitativa, chinesiterapica, terapia fisica o tecniche medico-terapiche complementari integrate ME. TE.CO) risulta essere la prima scelta nel trattamento dei pazienti come prevenzione e profilassi, che nel trattamento delle patologie sub-acute e croniche. Le nuove pubblicazioni internazionali scientifiche e le nuove linee guida mediche e fisioterapiche, negli ultimi anni hanno ribaltato il concetto di terapia conservativa, considerandola attraverso una visione oggettiva equiparabile alla terapia chirurgica e farmacologica. Inoltre, per quanto concerne la terapia conservativa, rispetto a quella chirurgica e farmacologica, non si sono rilevati effetti collaterali riferibili a fronte di una egual produzione degli effetti terapeutici oltre al fatto che la terapia conservativa è molto più tollerata di quella chirurgica e farmacologica; e se utilizzata come adiuvante potenzia gli effetti terapeutici favorendo il recupero post chirurgico limitando gli effetti secondari o indesiderati. Ma in questi ultimi anni si è registrato un drastico aumento della farmaco resistenza, nonchè della sensibilità farmacologica correlato al frequente uso di terapie invasive, allo smodato utilizzo delle cure antibiotiche di ampio spettro anche in caso di patologie non batteriche e all’utilizzo smodato dei cortisonici. Siamo entrati in un era in cui il sintomo d’allarme e protettivo è il nemico. In cui è vietato stare male ed i naturali meccanismi di difesa del corpo umano, attuati per debellare fisiologicamente ogni patologia come ad esempio l’aumento della temperatura corporea (febbre) o i processi d’ infiammazione, vengono contrastati. Ciò procura un indebolimento del sistema di difesa e l’utilizzo di farmaci che nel tempo procurano resistenza. L’educazione alla gestione del sintomo è un atto fondamentale che ogni medico dovrebbe insegnare ad ogni paziente ancor prima di prescrivergli ogni farmaco.
Farmacoresistenza agli antibiotici
Scoperti in epoca moderna nel 1929, gli antibiotici sono farmaci utilizzati per il trattamento di patologie batteriche che hanno cambiato di fatto l’esistenza umana, migliorando la longevità. Considerati la cura per eccellenza e spesso di prima scelta nel trattamento di ogni affezione, dimostrano avere una grande debolezza. Si tratta del fenomeno noto come antibiotico-resistenza; fenomeno in cui i batteri sviluppano un’immunità verso gli antibiotici. Già all’inizio del loro utilizzo nel 1950, si osservò che l’utilizzo della penicillina negli ospedali, non era sufficiente per trattare i ceppi di Staphylococcus aureus che ne risultavano resistenti. A fronte di questa resistenza nel 1960 venne introdotta la penicillina sintetica, la meticillina, che sebbene riuscì a combattere i ceppi batterici resistenti nel 1991 risultò essere impotente contro i batteri dello Staphylococcus aureus; la molecola venne ancora una volta manipolata sino alla scoperta della vancomicina che risultò efficace fino a pochi anni fa. Per quanto gli antibiotici siano risolutivi in molte infezioni di origine batterica, è necessario ammettere che in un futuro non lontano anche questi batteri svilupperanno immunità di resistenza, che ci porterà verso un era anti-antibiotica. Già all’oggi, si sono purtroppo diffusi fenomeni di insensibilità alle molecole antibiotiche createsi dall’utilizzo ingiustificato e smodato delle molecole anche in tenera età, dalle lungodegenze ospedaliere che spesso non rispondendo ai farmaci promuovono quadri clinici evolutivi ingravescenti ed in particolare un aumentato rischio di morte, come evidenziato dal Rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sulla farmacoresistenza, pubblicato nel 2014. La tabella evidenzia che la mortalità attribuibile a ceppi resistenti alle varie classi di antibiotici è doppia rispetto a quella attribuibile alle infezioni dovute a batteri non farmacoresistenti. Quindi, sebbene negli ultimi settant’anni gli antibiotici hanno svolto un ruolo importante nella cura delle malattie infettive, è bene tenere conto che tanto gli abusi, quanto i meccanismi di difesa sviluppati dai germi patogenici, li ha resi fortemente inefficaci.
La farmacoresistenza dei virus
La farmacoresistenza colpisce ogni categoria farmacologica compresa quella che si occupa di funghi e virus. La farmacoresistenza agli agenti virali responsabili dell’influenza è ad esempio determinata dall’ evoluzione dei ceppi virali; nel 2012 i virus influenzali di tipo A hanno sviluppato resistenza verso i vaccini preventivi che contengono amantadina e la rimantadina. Quando si parla di resistenza legata alle infezioni provocate ad esempio dall’herpes virus si parla di persistenza o di progressione dell’infezione nonostante la somministrazione di un trattamento antivirale adatto; che fa risultare l’eradicazione virale difficile.
La farmacoresistenza dei funghi i rischi per gli immunodepressi
Sono le persone immuno-compromesse come i leucemici, i soggetti sottoposti a trattamenti chirurgici del tratto gastrointestinale, i nati prematuri e gli anziani, i principati soggetti che risultano essere farma coresistenti alle terapie anti-micotiche. Quando si parla di resistenza legata alle infezioni provocate da miceti s’intende la persistenza o la progressione dell’infezione nonostante la somministrazione di un trattamento farmacologico adatto, come spesso accade nella candidosi ricorrente che risulta difficilmente eradicabile determinando una condizione di infiammazione latente ed a volte espressa cronica, che indebolisce i sistemi di allarme e di omeostasi fisiologica.
La farmacoresistenza ai FANS
I triptani rappresentano la terapia di prima scelta per il trattamento dell’emicrania di intensità moderata e severa. Nonostante il loro buon profilo beneficio/rischio, un terzo circa dei pazienti in trattamento con tali farmaci risulta essere parzialmente o totalmente non responsivo ad uno specifico triptano. Una scorretta assunzione del farmaco in termini di dosaggio o tempo di somministrazione, un sovrautilizzo dello stesso e/o un incompleto assorbimento della molecola costituiscono alcune tra le principali cause di scarsa responsività alla terapia con triptani.
La farmacoresistenza agli antitumorali
Secondo le recenti stime, una delle cause principali del fallimento di un trattamento antitumorale è lo sviluppo di resistenze agli effetti dei farmaci da parte delle cellule. Questo avviene perchè una delle caratteristiche del cancro è la cosiddetta instabilità genetica: le mutazioni del DNA avvengono con una rapidità tale e imprevedibile che fanno sì che le cellule del tumore non siano mai geneticamente identiche. Inoltre, grazie alle mutazioni genetiche, la cellula tumorale può modificare il bersaglio di un farmaco rendendolo quindi innocua per se stessa e deleterio per il resto dell’organismo. Mentre la ricerca se ne sta occupando, cercando di capire i processi alla base del fenomeno per rendere le cure più efficaci, è necessario sviluppare ed utilizzare metodiche complementari nella gestione del paziente oncologico.
La terapia conservativa va sempre utilizzata?
A fronte dell’efficacia, innocuità, mancanza di effetti collaterali, tollerabilità è sempre bene utilizzarla come prima scelta, ma non dev’essere un dogma. Ogni paziente è una persona a se e la terapia va misurata sulle sue aspettative e risposte. Non esistono gli assoluti e non capisco coloro che sia in ambito medico che alternativo, qualunque esso sia, diffondono la propria teoria o tecnica come se fosse l’unica risposta. Invero, ciò che ritengo essere saggio è utilizzare ogni terapia che garantisca efficacia, innocuità,tollerabilità e mancanza o basso rischio di effetti collaterali che risulti essere efficace su quella persona, in quel momento, per quella patologia. E’ errato stigmatizzare alcune terapie, perchè se abbiamo a che fare con un batterio, va da se che l’antibiotico è necessario; ma è possibile utilizzarlo parallelamente ad altre terapie che ne limitino i “danni collaterali”, ma è anche errato affidarsi alla terapia unicista, qualunque forma abbia.
Detto ciò la terapia conservativa dev’essere effettuata come prima scelta in caso di prevenzione e profilassi proprio per evitare la cosiddetta assuefazione e nella gestione di fasi subacute e cronicità, ma può anche risultare efficace nelle fasi acute sopratutto se ci si trova dinnanzi a fenomeni di farmaco resistenza. L’idea dell’ultima spiaggia non piace a nessuno, ma quando nemmeno i farmaci possono contrastare le patologie è un nostro diritto nonchè dovere poterle utilizzare.